Quando arriva il periodo natalizio, tante famiglie in Campania si riuniscono attorno a un dolce che porta dentro sé storie antiche: gli struffoli. Piccole palline di pasta fritte, immerse in miele caldo, poi decorate con zuccherini colorati e frutta candita. Sono un must sulle tavole natalizie. Prepararli richiede cura, attenzione, proprio come un gesto tramandato di generazione in generazione, con la precisione necessaria per ottenere la giusta consistenza e quel sapore che fa la differenza.
Da dove nasce il nome “struffolo”? Sembra legato all’atto di “strofinare” o lavorar con le mani l’impasto – dettaglio che spiega perché hanno una consistenza e forma così caratteristiche. Gli ingredienti? Semplici: farina, uova, zucchero, burro e un pizzico di liquore all’anice, per un aroma equilibrato. Poi l’impasto si divide in strisce sottili, tagliate a pezzetti che si preparano a essere fritti.
La frittura, mica uno scherzo. Serve una doratura uniforme, con una crosticina croccante fuori e un interno morbido. L’olio scelto? Dipende dai posti: in molti usano olio di semi di arachide, per una versione più leggera, altri invece preferiscono lo strutto, che regala un sapore più deciso, diciamo quasi “autentico”. Serve mano esperta: fritti troppo a lungo e gli struffoli diventano secchi o, peggio, unti.
La tecnica per ottenere la giusta consistenza
Tra i cuochi, una discussione aperta riguarda la consistenza finale degli struffoli. C’è chi ama la croccantezza più marcata, altri vogliono il dolce più soffice e leggero. Un trucco molto usato è aggiungere un cucchiaino di lievito per dolci nell’impasto, che rende la pasta meno compatta – più ariosa durante la frittura. Molte famiglie però – ancora oggi – si affidano alla ricetta tradizionale senza lievito, per non perdere quel carattere originale e rustico degli struffoli.
Dopo la frittura, arriva il momento del miele caldo, fase che fa la differenza. Il miele deve essere fluido, ma non troppo bollente: altrimenti rischia di deformare le palline. Così si ottiene una copertura lucida, bella da vedere, e il dolce resta morbido, anche per i giorni dopo. Chi abita in città nota bene come questa umidità aiuta a mantenere gli struffoli piacevoli a lungo, proprio durante le feste.
Per la decorazione finale, non possono mancare zuccherini colorati, piccoli confetti croccanti e frutta candita, per aggiungere sapori e consistenze diverse. L’aspetto cambia: c’è chi li sistema a piramide, chi preferisce la ciambella, scelte che dipendono tanto dalle usanze locali quanto dai gusti personali. Ma non è solo una questione di estetica: questi dettagli aiutano a bilanciare la dolcezza del miele e rendono il dolce più interessante al palato, tipico della tradizione campana.

La tradizione domestica e le varianti regionali
Preparare gli struffoli in casa resta un rito capace di coinvolgere più generazioni, in tante famiglie della Campania. Ingredienti semplici, ma pazienza e cura da dedicare al taglio, alla frittura e alla finitura – questo fa la differenza. Ogni famiglia custodisce la sua versione, con piccole variazioni nei dosaggi o qualche ingrediente in più. Un dettaglio che rivela il legame profondo con la storia gastronomica di ognuno.
La scelta del miele e la qualità delle decorazioni sono scelte molto sentite, soprattutto nelle città dove le comunità campane sono più presenti. E qualche piccola variante nell’impasto – come l’aggiunta di scorze di agrumi o differente liquore – racconta storie di territorio, di tradizioni radicate. Elementi che danno sapore e personalità, facendoci capire quanto la ricetta sia viva e diversa da zona a zona.
Gli struffoli non sono solo un dolce, ma un’occasione di condivisione intergenerazionale. Con manualità tramandate e storie che passano di padre in figlio. Nel dettaglio e nell’equilibrio degli ingredienti si legge una tradizione che si sa adattare, capace di conservare intatta la sua anima. E questo, nelle case moderne, si nota ancora bene.
Negli ultimi tempi, gli struffoli hanno superato i confini della Campania, diffondendosi in tante cucine italiane e anche all’estero. Il motivo? La cucina regionale sa restare radicata nel suo territorio, ma anche aprirsi a nuovi contesti e ingredienti. Ecco perché questi dolci natalizi campani continuano a essere un punto di riferimento, per chi vuole tenere vive le proprie radici gastronomiche.