A cura di Bruna Genovesio

Nell’opera Le Ragioni di Newton di Augusto Cantamessa si condensa il significato profondo di una indagine concreta, figlia del metodo sperimentale. Il celebre aneddoto della mela, ormai accreditato da ultime ricerche che ne attestano la veridicità, spiega le ragioni che spinsero Newton a interrogarsi sulla forza di attrazione delle masse e la ragione risiede nell’acutezza dell’osservazione. Fotografare significa per Cantamessa ribadire la forza di attrazione che esercita la realtà nei confronti dello spettatore. Il fotografo è quindi forse la mela stessa e noi gli scienziati. La figura di Isaac Newton è centrale anche nelle ricerche sulla luce, poiché riuscì a dimostrare sperimentalmente la teoria dei sette colori mediante lo studio della dispersione di un fascio luminoso attraverso una lente prismatica. La fotografia ha, anche etimologicamente, la sua stessa radice proprio nella luce (phôs) e grafia (graphè) – è scrittura di luce: così come lo scienziato studia la luce, il pittore controlla il colore, così il fotografo cerca di controllare la luce. Ed è così che, per un bizzarro e poetico sillogismo, le ragioni di Newton diventano anche le ragioni di Cantamessa. Come il grande scienziato pensò alla gravitazione e perché la luna non piombasse sulla terra, dopo che vide cadere la mela dall’albero, allo stesso modo l’autore, acuto osservatore, sperimenta la sua visione della realtà attraverso il mezzo fotografico. Le sue fotografie invitano ad una contemplazione per farci cogliere di esse la bellezza di tutte le sfumature che si celano tra luce e ombra, tra bianco e nero, tra il non colore e tutti i colori dello spettro cromatico. L’mmagine avvolta di luce soffusa, modulata pittoricamente o graffiata e più vicina all’arte incisoria ci “cattura”, diveniamo parte di una rappresentazione di rara bellezza, immagini come poesie visive per l’anima. Un’anima bella ma non perfetta, così come i suoi volti, ritratti veri di gente che porta i segni di vita vissuta, come già dipingeva Caravaggio nelle sue tele, intrisa di fragilità. Fragilità che delicatamente viene espressa anche dall’immagine di un manichino, simbolo di perfezione formale, di cui però le screpolature rendono fragile come fragile è la varia umanità ritratta nelle sue fotografie. La verità è figlia del silenzio sosteneva Isaac Newton e il mondo silenzioso di Cantamessa ci sussurra molte cose. Basta perdersi nei suoi paesaggi di campagna, ritrovarsi in una distesa di alberi nudi e filiformi, nella terra imbiancata e resa immobile da un manto di neve, nei cieli infiniti o tra le linee che costruiscono i suoi ritratti densi di cultura umanistica, si colgono riferimenti a Giotto e a Rembrandt. Non si può rimanere indifferenti di fronte agli scatti dell’artista, che da sempre ricerca la sintonia con chi guarda le sue opere. Arrivare alle cose con pudore e stupore, con la capacità di sorprendersi ogni volta, questo è il percorso di Cantamessa alla scoperta di nuovi cieli e nuova terra. Un dono per tutti coloro che visitano la mostra. Vedere le sue fotografie è una meravigliosa occasione per compiere un viaggio nel tempo, indagato dall’occhio sensibile, vivace e attento di un giovane fotografo di 88 anni. Una ricerca continua, dagli anni Cinquanta ad oggi, che Augusto Cantamessa compie da artista e da uomo che vive a pieno il suo tempo sapendone cogliere i significativi mutamenti.

Apertura al pubblico
7 novembre 2015 – 7 febbraio 2016

Orario
sabato e domenica 15-18
Apertura straordinaria dal 7 al 15 novembre, tutti i giorni 15-18
nell’ambito della Manifestazione di Tuttomele

Mostra realizzata da

 

Con il patrocinio di
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Con il contributo di
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